Appello ai giovani che oggi svolgono il Servizio Civile
Per valutare se il vostro
Servizio Civile è “completo” come esperienza formativa, dovrete
aver affrontato anche i temi dell’obiezione di coscienza, della
nonviolenza, del pacifismo e della guerra, dell’antimilitarismo,
dell’educazione ai diritti e ai doveri umani.
Bisogna che ciascuno
di voi riconosca di aver modificato qualcosa in meglio, anche di
piccolo ma di significativo, nelle proprie abitudini e nella propria
visione del mondo.
Alla domanda “che cosa
avete imparato dal Servizio Civile” dovreste rispondere di aver
appreso, oltre alle competenze specifiche e differenti a seconda dei
luoghi e delle attività, alcune cose comuni e semplicissime.
La
prima è questa: il problema della pace è molto complesso. Esso
richiede una riflessione profonda e continua. Questa riflessione si
articola nei diversi settori di cui l’universo pacifista si
compone. La letteratura specifica, gli studi e le esperienze in
ciascun settore sono ormai tantissime e molto avanzate.
Per questo
motivo dovreste aver appreso che non si può improvvisare alcun
discorso o problema sociale come se si fosse al bar, cioè senza
considerare seriamente e per prima l’opinione di coloro che hanno
già affrontato e risolto con successo quegli stessi problemi in
tante parti del mondo. Esprimere le proprie opinioni (doxa),
ascoltare con pazienza anche le più astruse e superficiali è azione
vitale per il dialogo, ma ciò che cambia la storia e la nostra vita
è trasformare mille voci in un coro.
Le nostre opinioni personali
sono importanti ma l’essenziale è saper riconoscere e accordarsi
sull’opinione giusta (orto-doxa).
Questo è difficile ma non
impossibile. Chi non crede in questa possibilità è già schierato
dalla parte dei conservatori dello status quo, cioè dalla
parte di coloro che mai hanno voluto cambiare e mai hanno cambiato la
realtà.
La violenza e la guerra sono considerate ancor oggi come
epidemie millenarie dell’umanità, ma a volte basta una saponetta,
una bollitura o una goccia di vaccino per eliminare la condanna di
flagelli secolari considerati punizioni di Dio fino all’altro ieri.
Dovreste aver compreso che il vaccino contro la violenza è già
stato inventato molti secoli fa, fu sperimentato individualmente da
Socrate nel 400 a.C. da Massimiliano nel 295 d.C., da Francesco
d’Assisi nel 1200, finché Gandhi, Luther King e tanti altri nel XX
secolo lo usarono in forma “industriale” ottenendo risultati
definitivi nella lotta al dominio straniero o all’apartheid. E
tuttavia, anche nel loro caso, se una persona sola decide di non
usare quel vaccino, la peste della violenza continua a contaminare
tutti. Ciò significa che avremo sempre con noi e in noi la violenza,
ma se sapremo bloccarla nel suo primo sorgere, nelle individualità
fragili e malate; se tutti insieme sapremo arginare i focolai sempre
rinascenti del sopruso fisico e ideologico e del dogmatismo
fatalista, allora essa non diventerà mai “di massa” come nelle
guerre. Tutto ciò che viene conquistato con le armi, deve essere
difeso con le armi. Gli eserciti permanenti in tempo di pace sono la
minaccia più grave alla pace stessa: così è scritto nella
Dichiarazione dei Diritti della Virginia, ma l’articolo fu tolto
nella Costituzione degli USA e da allora i disastri sono sotto gli
occhi di tutti.
Dovreste essere convinti
che non si può affidare a nessuna persona o organizzazione il
monopolio della violenza, né la sua gestione e il suo esercizio:
semmai il suo controllo va affidato a persone esperte nella
risoluzione nonviolenta dei conflitti e non nella loro “soluzione”
militare. Dovreste aver intuito che la guerra alla guerra si fa tutti
assieme, uniti attorno ai principi fondamentali della nostra
costituzione e della Dichiarazione Universale, rafforzando quei
governi che rifiutano di essere subalterni alle lobby delle armi e
dell’economia. Se vi dovesse cogliere lo sconforto di fronte a
questa lotta immane, chiudete gli occhi, non ascoltate le sirene dei
prepotenti, pensate all’incredibile avanzamento del benessere e del
diritto.
Dovreste essere
entusiasti di vivere al giorno d’oggi consapevoli del lento ma
inesorabile progresso della forza del diritto contro il diritto della
forza.
Nessun tentennamento
nella speranza, non perché si è ingenui, ma proprio perché si è
realisti e si sa che la forza della verità si impone sempre sulla
pretesa verità della forza, anche quando la sopraffazione fa cadere
il mondo nel buio.
Sì, dal Servizio Civile dovreste imparare a
rafforzare la speranza e a sentirvi paladini della nonviolenza
difronte a quei vostri coetanei che l’hanno perduta.
Gli ingenui
sono coloro che credono di far giustizia con la violenza. Tutta la
storia lo dimostra. Una storia che forse avete appena sfiorato perché
nessuno ancor oggi insegna a scuola la storia della nonviolenza. Voi,
forse, avete intercettato per pochi minuti le vicende di persone che
hanno perduto la propria vita in nome della vita degli altri e non
della morte degli altri. Sono questi campioni, dotati di una
coscienza planetaria, che hanno eliminato la schiavitù, imposto
l’uguaglianza di fronte alla legge, abolito i privilegi delle caste
e dei titoli nobiliari, proibito la violenza sulle donne, sui
bambini, sui disabili e cancellato perfino quelle abitudini assurde
come il duello e le leggi a tutela dei maschi, dei colonizzatori, dei
ricchi, dei bianchi, degli ecclesiastici e delle tradizioni ingiuste
o assurde (come l’impurità femminile dopo il parto,
l’infibulazione o la clitoridectomia).
E alla fine avreste
dovuto apprendere la lezione tremenda della storia: nessuna conquista
è definitiva. I diritti vanno conquistati ogni giorno, la democrazia
va difesa in ogni istante, l’uguaglianza è posta a rischio ad ogni
nuova elezione o relazione, ad ogni nuovo contatto, perciò si deve
rimanere sempre in allarme, sempre attenti come sentinelle a non
cadere nelle comodità del benessere privato a danno di quello
pubblico.
Insomma avremmo fatto nostra la lezione di Giacomo Ulivi,
di Willy Graf, di Franz Jagerstatter, e di tutti coloro che da allora
ad oggi, come Aung San Suu Kyi per fare un solo nome, hanno reagito
con la dolcezza alla durezza, con la perseveranza allo sconforto, con
la coscienza personale all’incoscienza pubblica, con l’impegno
individuale all’indifferenza diffusa.
Avete capito che questi
successi straordinari sono fragili e che la strada della giustizia e
della fratellanza universale è lunga e in ripida salita, ma non
potete prendervela comoda, altrimenti contribuirete ad allungare
all’infinito questa carreggiata sconnessa che ammucchia rifiuti
umani ai suoi lati e sfiora da anni il baratro di un conflitto
nucleare.
Chi sta dalla parte della
nonviolenza e vive l’oppressione degli altri come fosse propria ha
in cuore un’urgenza incontenibile. Durante il Servizio Civile
dovreste aver fatto vostra questa fretta di realizzare la giustizia,
di eliminare le armi, subito, adesso; di rinunciare ora all’uso
delle armi per difesa personale e di spezzare il vostro fucile
immediatamente, senza esitazione e di accettarne le conseguenze. Esse
saranno tanto più gravi e pesanti quanti meno saremo ad incamminarci
lungo quest’erta. Dovreste aver compreso che quella salita non è
una montagna, ma un ostacolo innaturale costruito dall’uomo, un
piano inclinato sostenuto dall’omertà e dalla paura. Maggiore sarà
il numero di coloro che si incamminano lungo quella salita scivolosa
e più si abbasserà la pendenza e poi, d’un tratto, come nella
caduta del muro di Berlino o nell’India decolonizzata, ci si
troverà a scivolare tutti dalla parte opposta in un valanga di
felicità sconfinata dove tutti si abbracciano pur senza conoscersi.
E non sarà l’euforia di un solo giorno, ma uno stile condiviso, la
posizione eretta di cui parlava Adler, la tendenza ad agire per il
bene comune che, alla fine, sarà diventata automatica come il
respiro.