lunedì 8 settembre 2014

ALBERTO TREVISAN

ALBERTO TREVISAN
La storia di chi ha avuto il coraggio di dire NO.


Ecco a voi l'esclusiva intervista ad Alberto Trevisan, obiettore di coscienza Nonviolento che ci teniamo a ringraziare facendogli sapere quanto ammiriamo il suo vissuto!
Avrete la possibilità di incontrarlo mercoledì sera all'evento del Il Portico a Dolo, ore 20.45.
Buona lettura a tutti!



1)      Partiamo dall'inizio, come mai ha scelto di non fare la leva militare?
-Ricordando la mia adolescenza, nei giochi da ragazzi, come quelli alla “guerra” tra bande io ero il primo ad “alzare bandiera Bianca”!
Forse una premonizione del mio pacifismo, del rifiuto anche dei giochi violenti, pur nei limiti dei giochi da ragazzi.
Ma la mia vera scelta di non fare il militare avviene in occasione della visita di leva ( 19 anni), dove notai soprattutto la spersonalizzazione delle giovani reclute e il clima cameratesco e autoritario delle caserme.
Gli agganci con il Vangelo e con i grandi testimoni di pace come Gandhi, Martin Luter King avevano già orientato il mio interesse verso la nonviolenza e il pacifismo.
Inoltre l'aver fatto parte di una “ comunità di base” alla luce del Concilio Vaticano II° ha rafforzato in me lo spirito nonviolento.



2)      Cosa l'ha spinta a lottare per questa opportunità di difesa?
- Le mie convinzioni, di cui sopra, non mi sembravano sufficienti ad affermare dei principi senza poi con coerenza perseguirli.
La nonviolenza non è una pratica “ passiva “ ma assai “ attiva “ in particolare quando si è di fronte a scelte fondamentali e bisogna agire secondo coscienza.
Per me il servizio militare non era che la preparazione alla guerra non con mezzi di pace ma di guerra.
L'addestramento previsto durante il servizio militare prevedeva la possibilità, anche se remota, di combattere contro un” nemico”.


3) Se tornassero indietro lo rifarebbero o sceglierebbero una altra strada?
- Pur dopo oltre 40 anni credo, da nonviolento e da obiettore di coscienza, non cambierei opinione e rifarei quanto ho fatto, pur valutando le diverse condizioni geopolitiche di quest'epoca, non certo tranquilla.
Sono stato in luoghi di guerra a fianco delle vittime e questo è un lavoro che anche i giovani del servizio civile dovrebbero tenere in considerazione.

4) Si sente un difensore della Patria?

- Non mi sono mai sentito difensore della Patria nel senso dell'art.52 della Costituzione che mi obbligava a svolgere il servizio militare.
Mi sono invece sempre sentito difensore della mia comunità e in particolare delle sue fasce più deboli.
Non è un caso che per oltre 35 anni ho lavorato nel sociale nei vari ambiti dell'emarginazione sociale e della devianza.



5)      Sapeva che sarebbe finito in carcere? La sua famiglia lo appoggiava?
Sapevo benissimo che sarei finito in carcere ma non sapevo quanto tempo avrei passato e quanti processi avrei subito. Ho speso quasi tre anni della mia giovinezza tra un carcere e l'altro,, compreso il carcere civile.  Per fortuna il 15/12”72 con la L.n.772, che riconobbe il diritto all'obiezione di coscienza , ritornai ad essere   libero cittadino.
Ma la mia vicenda si  concluse solo dopo 25 anni perchè mi sono opposto al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere  per cui hanno proceduto al pignoramento dei miei mobili, sino a quando l'ammnistrazione militare non mi ha più perseguito, certa che non avrei mai ceduto alle mie convinzioni.La mia famiglia era a conoscenza della mia scelta e senza la loro  vicinanza e la loro condivisione non  sono ancora convinto, a distanza di anni, se sarei arrivato alla fine di questo lungo percorso di pace.Papà e mamma sono stati dei veri maestri di vita!Per loro ho scritto il  libro - Ho spezzato il mio fucile. Storia di un obiettore di coscienza -, a loro l'ho dedicato. Il grande rammarico è stato che loro mi hanno lasciato troppo presto, senza poterlo leggere.
6)      Mi piacerebbe sapere come questa scelta abbia influito sulla sua vita. Sopratutto nel rapportarsi con le istituzioni e le ingiustizie?
- Come ho accennato prima, pur avendo già percorso gli studi del sociale, il mio contatto in carcere con i detenuti militari e non solo, mi hanno spinto a iniziare la strada professionale nel sociale: 25 anni in psichiatria, assistenza alle persone senza fissa dimora e ai “ minori stranieri non accompagnati “  che cominciavano ad arrivare in Italia o dall'Albania o dalla Romania o dalla Moldavia chi con le carrette della morte  chi nascosti sotto i camion.
Con le istituzioni mi sono sempre posto secondo le mie funzionali istituzionali, non rinunciando mai ai miei principi e, quando era necessario, aprendo vertenze a favore degli utenti disagiati.
Il mio impegno inoltre è stato anche quello di aver svolto attività politica e amministrativa, responsabile di  un assessorato, tra i primi in Italia, che oltre alla Pubblica istruzione, s'interessava di Educazione alla pace e ai Diritti umani.

7)      Cosa si porta dentro di quel periodo?
Non sarei sincero se non dicessi che mi sono portato da questa dura esperienza anche tanta sofferenza, a volte rabbia per essere ristretto per rivendicare ideali di pace in quasi tutte le carceri  militari, compreso Gaeta, un reclusorio veramente repressivo e violento. Ma non sono mai stato solo perchè sia assieme agli altri amici obiettori  e a tutti i detenuti si era instaurato uno spirito di solidarietà e di generosità  che, paradossalmente, al di fuori delle mure è difficile riscontrare. Poi le tante lettere di sostegno di amici, di familiari, di persone ,che, pur non conoscendomi, mi esprimevano la loro solidarietà
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8)      Ancora oggi è tra i giovani del Servizio Civile cosa sente di dover dire alle nuove generazioni che vengono ora a contatto con questa realtà?
-Da varie anni sono formatore dei giovani in servizio civile presso vari Enti, dalle Università ( Padova e Venezia) all'Anci del Veneto e Cooperativa sociali: ho conosciuto quindi  molti volontari.
Sono sempre stato solidale con loro per le difficoltà che devono affrontare, non ultimo l'esiguo compenso economico, ma ho sempre pensato che il servizio civile sia una possibilità per prendere contatto con la realtà lavorativa, associativa, del tempo libero e altre situazioni.
Inoltre si aprono prospettive nuove sia per il servizio civile e il progetto Garanzia Giovani.
Se saranno mantenute le promesse già a fine anno dovrebbero partire circa 34.00 volontari.
E che dire che molti volontari spesso sono poi inseriti dal punto di vista lavorativo negli enti dove hanno svolto il servizio civile.
Io sono ottimista e questo è il messaggio e l'augurio che mi sento di rivolgere a quanti hanno scelto o sceglieranno il servizio civile nazionale.

Alberto Trevisan