ALBERTO TREVISAN
La storia di chi ha avuto il coraggio di dire NO.
Avrete la possibilità di incontrarlo mercoledì sera all'evento del Il Portico a Dolo, ore 20.45.
Buona lettura a tutti!
1)
Partiamo
dall'inizio, come mai ha scelto di non fare la leva militare?
-Ricordando la mia adolescenza, nei giochi da ragazzi, come
quelli alla “guerra” tra bande io ero il primo ad “alzare bandiera Bianca”!
Forse una premonizione del mio pacifismo, del rifiuto anche
dei giochi violenti, pur nei limiti dei giochi da ragazzi.
Ma la mia vera scelta di non fare il militare avviene in
occasione della visita di leva ( 19 anni), dove notai soprattutto la
spersonalizzazione delle giovani reclute e il clima cameratesco e autoritario
delle caserme.
Gli agganci con il Vangelo e con i grandi testimoni di pace
come Gandhi, Martin Luter King avevano già orientato il mio interesse verso la
nonviolenza e il pacifismo.
Inoltre l'aver fatto parte di una “ comunità di base” alla
luce del Concilio Vaticano II° ha rafforzato in me lo spirito nonviolento.
2)
Cosa l'ha
spinta a lottare per questa opportunità di difesa?
- Le mie convinzioni, di cui sopra, non mi sembravano
sufficienti ad affermare dei principi senza poi con coerenza perseguirli.
La nonviolenza non è una pratica “ passiva “ ma assai “
attiva “ in particolare quando si è di fronte a scelte fondamentali e bisogna
agire secondo coscienza.
Per me il servizio militare non era che la preparazione alla
guerra non con mezzi di pace ma di guerra.
L'addestramento previsto durante il servizio militare
prevedeva la possibilità, anche se remota, di combattere contro un” nemico”.
3) Se tornassero indietro
lo rifarebbero o sceglierebbero una altra strada?
- Pur dopo oltre 40 anni credo, da nonviolento e da
obiettore di coscienza, non cambierei opinione e rifarei quanto ho fatto, pur
valutando le diverse condizioni geopolitiche di quest'epoca, non certo
tranquilla.
Sono stato in luoghi di guerra a fianco delle vittime e questo
è un lavoro che anche i giovani del servizio civile dovrebbero tenere in
considerazione.
4) Si sente un difensore della Patria?
- Non mi sono mai sentito difensore della Patria nel senso
dell'art.52 della Costituzione che mi obbligava a svolgere il servizio
militare.
Mi sono invece sempre sentito difensore della mia comunità e
in particolare delle sue fasce più deboli.
Non è un caso che per oltre 35 anni ho lavorato nel sociale
nei vari ambiti dell'emarginazione sociale e della devianza.
5)
Sapeva che
sarebbe finito in carcere? La sua famiglia lo appoggiava?
Sapevo benissimo che sarei
finito in carcere ma non sapevo quanto tempo avrei passato e quanti processi
avrei subito. Ho speso quasi tre anni della mia giovinezza tra un carcere e
l'altro,, compreso il carcere civile.
Per fortuna il 15/12”72 con la L.n.772, che riconobbe il diritto
all'obiezione di coscienza , ritornai ad essere libero cittadino.
Ma la mia vicenda si concluse solo dopo 25 anni perchè mi sono
opposto al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere per cui hanno proceduto al pignoramento dei
miei mobili, sino a quando l'ammnistrazione militare non mi ha più perseguito,
certa che non avrei mai ceduto alle mie convinzioni.La mia famiglia era a
conoscenza della mia scelta e senza la loro
vicinanza e la loro condivisione non
sono ancora convinto, a distanza di anni, se sarei arrivato alla fine di
questo lungo percorso di pace.Papà e mamma sono stati dei veri maestri di
vita!Per loro ho scritto il libro - Ho
spezzato il mio fucile. Storia di un obiettore di coscienza -, a loro l'ho
dedicato. Il grande rammarico è stato che loro mi hanno lasciato troppo presto,
senza poterlo leggere.
6)
Mi piacerebbe
sapere come questa scelta abbia influito sulla sua vita. Sopratutto nel
rapportarsi con le istituzioni e le ingiustizie?
- Come ho accennato prima, pur avendo già percorso gli
studi del sociale, il mio contatto in carcere con i detenuti militari e non
solo, mi hanno spinto a iniziare la strada professionale nel sociale: 25 anni
in psichiatria, assistenza alle persone senza fissa dimora e ai “ minori
stranieri non accompagnati “ che
cominciavano ad arrivare in Italia o dall'Albania o dalla Romania o dalla
Moldavia chi con le carrette della morte
chi nascosti sotto i camion.
Con le istituzioni mi sono sempre posto secondo le mie
funzionali istituzionali, non rinunciando mai ai miei principi e, quando era
necessario, aprendo vertenze a favore degli utenti disagiati.
Il mio impegno inoltre è stato anche quello di aver svolto
attività politica e amministrativa, responsabile di un assessorato, tra i primi in Italia, che
oltre alla Pubblica istruzione, s'interessava di Educazione alla pace e ai
Diritti umani.
7)
Cosa si porta
dentro di quel periodo?
Non sarei sincero se non dicessi che mi sono portato da
questa dura esperienza anche tanta sofferenza, a volte rabbia per essere
ristretto per rivendicare ideali di pace in quasi tutte le carceri militari, compreso Gaeta, un reclusorio
veramente repressivo e violento. Ma non sono mai stato solo perchè sia assieme
agli altri amici obiettori e a tutti i
detenuti si era instaurato uno spirito di solidarietà e di generosità che, paradossalmente, al di fuori delle mure
è difficile riscontrare. Poi le tante lettere di sostegno di amici, di familiari,
di persone ,che, pur non conoscendomi, mi esprimevano la loro solidarietà
-
8)
Ancora oggi è
tra i giovani del Servizio Civile cosa sente di dover dire alle nuove
generazioni che vengono ora a contatto con questa realtà?
-Da varie anni sono formatore dei giovani in servizio civile
presso vari Enti, dalle Università ( Padova e Venezia) all'Anci del Veneto e
Cooperativa sociali: ho conosciuto quindi
molti volontari.
Sono sempre stato solidale con loro per le difficoltà che
devono affrontare, non ultimo l'esiguo compenso economico, ma ho sempre pensato
che il servizio civile sia una possibilità per prendere contatto con la realtà
lavorativa, associativa, del tempo libero e altre situazioni.
Inoltre si aprono prospettive nuove sia per il servizio
civile e il progetto Garanzia Giovani.
Se saranno mantenute le promesse già a fine anno dovrebbero
partire circa 34.00 volontari.
E che dire che molti volontari spesso sono poi inseriti dal
punto di vista lavorativo negli enti dove hanno svolto il servizio civile.
Io sono ottimista e questo è il messaggio e l'augurio che mi
sento di rivolgere a quanti hanno scelto o sceglieranno il servizio civile
nazionale.
Alberto Trevisan