mercoledì 28 novembre 2012

VOLONTARI v.2.0


“Siamo come un computer: abbiamo un hardware e un software..”


“Il volontario è come una bricola: deve essere un punto fermo per chi ne ha bisogno in modo tale che tutti possano attraccare la loro barca in ogni momento di necessità.” 

Questo è il pensiero di Salvatore, un coraggioso volontario di Protezione Civile con il quale abbiamo avuto l’occasione di chiacchierare; interviene nel gruppo di Venezia Terraferma nel nucleo disinfestazione ed ha un’esperienza decennale in questo campo.
Con lui abbiamo parlato del suo ultimo intervento avvenuto successivamente la scossa in Emilia del 20 maggio 2012 prestando servizio nel campo Veneto di San Felice sul Panaro  sia nel  momento dei primi soccorsi che nel periodo dedicato all’assistenza degli sfollati.
Le aree di ricovero erano suddivise in tre campi: Campo della Misericordia, gestito dai volontari trentini; Campo Veneto e la scuola media Pascoli che accoglieva gli anziani. I campi erano strutturati in tende, cucine e servizi ed erano gestiti dal Centro Operativo Comunale.
Nell’organizzazione del Campo Veneto il gruppo degli specialisti in disinfestazione aveva il compito di prevenire la trasmissione dei patogeni, dato l’uso massivo delle strutture, lavorando a stretto contatto con la Asl locale e seguendo le direttive del medico veterinario.
Il loro incarico però si è fatto più difficile del previsto perché non si limitava alla sola gestione della disinfestazione del campo, ma veniva coinvolta anche la sfera emotiva e relazionale. La situazione era gravata dalla eterogeneità delle persone sfollate, infatti le diversità delle culture, delle religioni e delle abitudini compromettevano la comunicazione e la comprensione delle esigenze. Questo creava alcuni disagi nell’integrazione e nello svolgimento della quotidianità ed ha avuto ripercussioni in un secondo momento nella gestione tecnica del campo e nel censimento delle persone.
Una conquista per i volontari è stata ricevere la fiducia delle persone che con il tempo sono riusciti ad aprirsi ed a confidare i loro pensieri: “Era una soddisfazione, data la generale situazione di instabilità,  riuscire a creare un ambiente coeso e di famigliarità”.
“Per quanto riguarda il rapporto tra i volontari, fondamentale è stato lo spirito di gruppo che era la carica della macchina del lavoro. C’era molto spirito di partecipazione e la voglia di essere utili era talmente tanta che a volte si rischiava addirittura di andare oltre i propri limiti. Per questo era importante rispettare i rispettivi ruoli cercando di stare sempre con i piedi ben piantati nella realtà”. D’altra parte in queste situazioni non c’è corso di addestramento che tenga; come dice Salvatore: “Siamo come un computer: abbiamo un hardware che è la base portante del nostro essere  e un software che è in continua rielaborazione, con sempre nuove versioni aggiornate in base alle nuove  esperienze e conoscenze”.
Nonostante la pesantezza e le fatiche sono tanti i ricordi, gli insegnamenti positivi e le soddisfazioni che i volontari porteranno sempre con loro. “Sono i piccoli gesti,  come un semplice grazie o una chiacchierata amichevole con uno sconosciuto, a riempire il cuore più di ogni altra cosa. Queste situazioni ci insegnano a guardare le persone in modo diverso, ad andare al di là delle apparenze aiutandoci a togliere la maschera della freddezza che solitamente ci accompagna nella quotidianità”.
È per questo che Salvatore incoraggia noi giovani ad intraprendere un’esperienza simile senza timore perché l’importante non è il quanto si riesce a fare ma il come lo si fa.
La grande soddisfazione è sapere di poter aiutare incondizionatamente e poter crescere volta per volta arricchendosi sempre di nuove emozioni!

Caterina e Alessandra, volontarie di servizio civile per il progetto di Protezione Civile.